Quando un'opera d'arte (educativa) può dirsi riuscita? Si possono avere opinioni diverse al riguardo ma, a ben vedere, non è possibile rispondere a questa domanda, perché viene posta in modo sbagliato.

I bambini non sono l'oggetto della nostra attività di formazione o deformazione.

Ci troviamo in presenza del fenomeno per cui "ciò che dev'essere portato a manifestazione crea da sé la capacità mediante la quale viene portato a manifestazione, cosa che a tutta prima è incomprensibile e ha a che fare con la sorgente della libertà. Con ciò è raggiunta la soglia. (Stuttgen). Ogni volta che un essere umano deve la facoltà di portare a manifestazione qualcosa dalla cosa stessa, ovvero trova il motivo del proprio agire nell'agire stesso e la capacità di azione nel futuro, esso è un artista in una accezione allargata. In questo modo l'aspetto creativo si delinea quale aspetto centrale del rapporto pedagogico. È quello che aveva in mente Janusz Korczak quando scriveva che l'educatore matura attraverso il bambino a quella ispirazione che è richiesta dal lavoro educativo. Rudolf Steiner parlò dell'amore per l'atto educativo in sé come vera e propria fonte di ispirazione. Viene raggiunta una vera competenza pedagogica soltanto quando l'educatore arriva a comprendere se stesso partendo da un'esperienza dell'infanzia che lo porta alla "soglia". La questione della qualità

Come educatore consento a una possibilità (umana) di diventare realtà (umana) - oppure viceversa - rivolgendo la mia comprensione al suo voler divenire. Questo rivolgere la comprensione è attività creativa e, allo stesso tempo, l'unica forma di azione educativa di cui valga la pena parlare. Tutti i provvedimenti e le metodologie correnti di carattere interventista sono qualitativamente inefficaci. Costringono il bambino a stare sulla difensiva, e questo può fuorviare, indebolire, portare all'arresto della volontà creativa rispetto alla sua evoluzione

La forza che coopera alla creazione è la comprensione. Il fondamento del mio agire educativo attraverso la comprensione - si tratta solo in secondo e terzo luogo di un agire esteriore - è insito in questo stesso agire.