All'inizio di settembre si andava a pulire i marroneti: ci doveva essere tanto pulito da poterci trovare un ago! Poi si facevano dei piccoli fossi (le ritenute) in modo che durante la raccolta i marroni non sarebbero rimbalzati troppo lontano. Spesso si trovava anche qualche fungo porcino, così si rimediava anche la cena per la sera.
Settembre era il mese della frutta: mele, pesche, pere, noci, fichi. Mia madre preparava le "picce", fichi secchi con dentro l'anice: a quei tempi non c'erano le caramelle e queste erano una vera leccornia! Lei faceva anche la conserva di pomodoro, che doveva bastare fino alla primavera seguente, e se non bastava non c'era mica il supermercato!
In previsione della vendemmia, dal legno di castagno si facevano le cestelle e gli scalei. Ogni sera si andava alla tinaia del paese e si annaffiavano i tini con la pompa per dare l'acquetta alle viti, per farli gonfiare. Dopo quindici giorni, si cominciava a vendemmiare. Partecipava tutta la famiglia: c'era molta allegria e ogni tanto si mangiava un chicco per controllare se era buono...
Ogni sera si pestava la vinaccia nei tini coi piedi: se uno aveva i reumatismi gli faceva bene, i piedi sporchi poi si pulivano che era una meraviglia! Dopo una decina di giorni era tutto pronto per svinare nei barili: dieci per noi, dieci per il padrone.

- Tratto da Il libro di Pietro, l'autobiografia di un contadino cresciuto ai tempi della mezzadria.


A settembre i contadini si preparano alla vendemmia, ma con il progresso e la tecnologia tutto è cambiato. "Da contadini mezzadri la vita era un po' triste, però si cantava lo stesso. Ora non si canta più". Sono parole di Pietro Pinti, autore del libro. E probabilmente ha ragione, prima si cantava, e forse si ballava pure... 
 
RAFFAELLO SORBI – FESTA DELLA VENDEMMIA, 1893
 
 
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